“I Centri antiviolenza sono gli unici luoghi nei quali viene nominato il problema della violenza alle donne con una lettura critica del rapporto tra i sessi nella società, chiamando a responsabilità tutti gli uomini violenti e stando dalla parte delle donne. Sono gli unici luoghi nei quali viene esplicitato il problema della violenza alle donne dal loro punto di vista, viene nominato, il sommerso, il non detto, il maltrattamento, lo stupro, soprattutto nelle famiglie e/o da uomini conosciuti”.
Presentazione Associazione DiRe – Donne in rete contro la violenza (2011)
“La metodologia si basa principalmente sulla relazione tra donne, per la valorizzazione delle risorse delle donne e il rafforzamento della loro identità; sul dare credito e costruire fiducia; sul costruire relazioni autentiche che innescano cambiamento, offrendo modelli relazionali positivi; sul superamento di approcci tecnici”.
Casa internazionale delle Donne di Roma, Metodologie e pratiche promettenti nelle Case Rifugio (2017)
“L’operatrice di accoglienza o antiviolenza […], si pone ben al di là di una figura professionale avendo in sé la doppia competenza: politica e tecnica. È chiaro infatti che deve avere competenze specifiche, ma è la dimensione politica quella che la caratterizza. Per questo sosteniamo che insieme al “saper fare”, per l’operatrice è importante il “saper essere”. Importante è il “partire da sé”, la condivisione di un orizzonte politico femminista, la voglia di cambiare il mondo e non di aiutare le altre (tenendo ben presente lo scarto tra lavoro sociale competente e assistenzialismo), la capacità di connettere il micro delle singole storie con il macro del contesto generale, la voglia di mettersi in gioco e di crescere nel confronto costante, l’avere affrontato ed elaborato (per quanto possibile) i propri vissuti di violenza. L’operatrice sa gestire una relazione simmetrica, nel senso che non agisce potere con la donna che chiede aiuto ed in quel momento è fragile; le sa rimandare la possibilità di ritrovare forza, competenza, valore, offrendole con l’ascolto empatico e un’accoglienza non giudicante, credibilità, informazioni, opportunità, libertà di scelta. L’operatrice è la protagonista del lavoro del centro antiviolenza rappresentandone il fulcro, molto più delle avvocate e delle psicologhe e delle altre consulenti presenti, ma acquista senso nel sistema centro antiviolenza, essa ha alle spalle un soggetto collettivo, l’intero gruppo di lavoro”.
Lella Palladino, Operatrice di accoglienza: un profilo in costruzione (2017)
“La possibilità di ri-narrare la propria storia è elemento fondamentale per l’avvio di un percorso di fuoriuscita dalla violenza; con le operatrici le donne ri-narrano la propria storia in connessione con l’essere donna delle operatrici, in un clima di sospensione del giudizio, capacità di accogliere le ambivalenze, assenza di “prescrizioni” e/o contenimento di proprie prefigurazioni culturali (come ad es. per il materno). La rinarrazione della storia, la focalizzazione delle risorse e degli obiettivi da raggiungere, vengono raccolti nel Progetto individuale d’intervento che la donna costruisce insieme all’operatrice di riferimento; quest’ultima viene individuata proprio come punto di riferimento per la co-costruzione del progetto, ma la donna conserva la possibilità di svolgere colloqui con tutte le operatrici. Il colloquio è svolto genericamente ad una, ma la possibilità di potersi confrontare con tutte evita lo strutturarsi di forme di affidamento”.
Casa internazionale delle Donne di Roma, Metodologie e pratiche promettenti nelle Case Rifugio (2017)