LA CASA SUL FILO

suggerimenti per un percorso di educazione antiviolenta

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I Introduzione

Per Pari Opportunità si intendono specifiche politiche nate con l’intenzione di riequilibrare la disparità a partire da quella tra donne e uomini.

La storia delle Pari Opportunità in Italia affonda le sue radici nella promulgazione della Costituzione la quale nelle aperture, pur generiche, dell’articolo 3 offre il fondamento giuridico a una serie di successive elaborazioni legislative. A fronte dell’esistenza di una normativa che stabilisce giuridicamente la parità fra i sessi difetta la progettualità che ne sostenga in effetti la realizzazione.

È quello che denuncia l’Unione Europea che nel Primo Programma Comunitario per la promozione di pari opportunità per le donne (1982-1985) raccomanda, a tutti gli stati membri, l’introduzione, con particolare riferimento all’ambito lavorativo, di pari opportunità tra uomini e donne anche attraverso la realizzazione di azioni positive cioè di programmi che riservino vantaggi specifici alle donne, intesi a rimuovere situazioni di discriminazione.

La ricaduta delle indicazioni dell’Unione Europea sulle legislazioni nazionali non è immediata. In Italia è del 1988 l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri della prima Commissione Nazionale per le Pari Opportunità e del 1991 la promulgazione della Legge 125: “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo - donna nel LAVORO” intesa a favorire “l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante azioni positive, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità”; cui seguono le due del 1992 (Legge 215 a sostegno dell’imprenditoria femminile) e del 1993 (Legge 81 a sostegno della presenza femminile e della costituzione di comitati per le Pari Opportunità, presso i principali organi amministrativi pubblici).

La IV Conferenza mondiale delle donne tenutasi a Pechino nel settembre 1995 fornisce alle politiche di Pari Opportunità nuovo impulso. I principi di empowerment, ovvero di raggiungimento da parte delle donne dei luoghi decisionali, e, in particolare, di mainstreaming, ovvero integrazione delle pari opportunità in tutte le politiche e azioni, contribuiscono ad ampliare il raggio di riflessione e di operatività e diventano presupposto e obiettivo dei successivi programmi a medio e lungo termine.

Il Quarto Programma Comunitario per la promozione di pari opportunità per le donne (1996-2000), pur predisposto precedentemente, riflette appieno, sulla scorta dei documenti preparatori, gli obiettivi della Piattaforma di azione di Pechino chiedendo in particolare “l’inserimento di una esplicita dimensione di parità in tutti i programmi, le politiche, le azioni, i quadri finanziari e di sostegno, i sistemi di valutazione della Comunità a livello nazionale, regionale e a tutti i livelli appropriati”.

In Italia il 1996 è l’anno delle elezioni politiche a seguito delle quali viene costituito, per la prima volta, il Ministero per le Pari Opportunità. Ministra viene nominata Anna Finocchiaro, cofirmataria, nel 1997, insieme all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, della prima direttiva nazionale di Pari Opportunità: “Azioni volte a promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini”, documento nel quale, con pieno recepimento della complessità degli obiettivi di Pechino, l’attenzione al confronto femminile-maschile si sposta dalle questioni più strettamente connesse all’occupazione, alla parità retributiva e alla conciliazione dei tempi di vita e di LAVORO al complesso dei “percorsi culturali finalizzati all’acquisizione di una  IDENTITÀ di GENERE, all’educazione, alla convivenza, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra donne e uomini”.

Verso la fine degli anni Novanta gli organismi di Pari Opportunità avviano un ampliamento del loro raggio di interesse e di azione includendo tutti gli ambiti che riguardano “discriminazioni delle persone in relazione a qualità soggettive” tra cui la razza, l’orientamento sessuale, l’appartenenza culturale, la lingua, la religione, le convinzioni personali, le opinioni politiche.

L’istituzione dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso il Dipartimento Pari Opportunità segna concretamente, nel 2003, questa nuova declinazione. Esso coordina, tra l’altro, la strategia nazionale per il contrasto delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e/o al cambiamento di SESSO.

Nel 2000 intanto esce la prima Legge (Legge 53 per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e sulla corresponsabilità di uomini e donne nel lavoro di cura e negli impegni genitoriali.

Nel 2006 il Decreto Legislativo 198 ordina, all’interno di un unico Codice i principi di parità tra donne e uomini e definisce gli istituti preposti a tutelarli e a promuoverli. Tra questi la Commissione nazionale per le Pari Opportunità fra uomo e donna, il Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, le Consigliere e i Consiglieri di parità e il Comitato per l’imprenditoria femminile. Tale Decreto definisce inoltre i termini di pari opportunità tra donne e uomini nelle relazioni intrafamiliari, nei rapporti patrimoniali ed economici, nel lavoro, nell’attività imprenditoriale, nell’accesso a beni e servizi, nell’accesso a cariche elettive.

Nel 2012 la Legge 215 istituisce la doppia preferenza di GENERE, un dispositivo per favorire l’accesso delle donne ai luoghi di potere che nel giro di alcuni anni porta all’obbligo di elezione di percentuali consistenti di donne, prima nei Consigli comunali, poi nei Consigli regionali e infine in Parlamento. Questa Legge costituisce un traguardo provvisorio verso il riconoscimento delle competenze delle donne. Pur criticata, anche da alcuni fronti femministi, per il fatto di istituire una sorta di riserva protetta, rappresenta tuttavia per molte donne la possibilità concreta di accedere alla politica.

Il 2011 è l’anno della Convenzione di Istanbul la cui ratifica in Italia, nel 2013, segna un periodo, ancora in corso, di legislazione per il contrasto della VIOLENZA di GENERE. Il primo Piano Antiviolenza nazionale è dello stesso anno della ratifica cui seguono, annualmente, analoghi documenti.

Il 2013 è anche l'anno dal quale manca in Italia un Ministero per le Pari Opportunità. Tutte le iniziative svolte dal 1996 al 2013 da tale Ministero vengono trasferite al Dipartimento Pari Opportunità, all'interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una scelta discutibile per un governo di sinistra e per il suo Presidente, Matteo Renzi, più volte contestato per questa miope decisione.

In Emilia Romagna il Piano Antiviolenza regionale segue la promulgazione della Legge 6 del 27 giugno 2014, la prima Legge Quadro sulle Pari Opportunità che declina i temi della parità a partire dalle molteplici modalità della VIOLENZA di GENERE e dalle relative azioni di contrasto: dal sistema della rappresentanza paritaria alla promozione di una cultura delle differenze, dall’educazione al GENERE a medicina e sport di GENERE, dalla prevenzione della VIOLENZA in tutte le sue forme alla sicurezza urbana, dalla parità nella formazione, nell’orientamento e nell’accesso al LAVORO alla conciliazione dei tempi di vita/LAVORO, dalla pubblicità sessista alle relazioni globali tra donne, fino agli strumenti del sistema paritario, incluse statistiche di GENERE, bilanci di GENERE, conferenze, tavoli e piani regionali specifici.

 

II La prospettiva degli studi di genere

Se i percorsi di emancipazione delle donne avviati dal FEMMINISMO confluiscono in parte nelle istituzioni di Pari Opportunità, esse mantengono con il movimento un rapporto contraddittorio, che per alcuni aspetti rappresenta la reazione alle critiche di collusione con i sistemi di POTERE del sistema patriarcale di cui, secondo parte di esso, sarebbero comunque espressione.

Anche se le politiche di Pari Opportunità non sono propriamente oggetto degli studi di GENERE, diversi percorsi formativi in studi di genere prevedono stage esperienziali all’interno di questi ambiti intesi come occasione di verifica e di declinazione della riflessione in termini di concreta impiegabilità politica.

 

III La violenza maschile contro le donne

Il Dipartimento Pari Opportunità, a livello nazionale, e la Regione Emilia Romagna, sul piano locale, sono le istituzioni promulgatrici rispettivamente del Piano nazionale e del Piano regionale per il contrasto della violenza contro le donne.
La Legge nazionale 119 del 14 agosto 2013 in tema di contrasto alla VIOLENZA di GENERE, recepisce il Trattato di Istanbul e disciplina (all'articolo 5) il "Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere", adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1861 del 7 luglio 2015.
La Legge regionale 6 del 27 giugno 2014 della Regione Emilia Romagna in tema di Parità e discriminazioni di genere, dedica il titolo V alla prevenzione della VIOLENZA maschile contro le donne e attua i principi della Convenzione di Istanbul nell'ordinamento e nel contesto del territorio regionale. L'articolo 17, in particolare, prevede l'adozione di un "Piano Regionale contro la violenza di genere" , al fine di perseguire con maggiore efficacia gli obiettivi di prevenzione del fenomeno.