LA CASA SUL FILO

suggerimenti per un percorso di educazione antiviolenta

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I Introduzione

Il limite è il vincolo concreto dato all’ESPERIENZA dalla posizione (POSIZIONAMENTO) che lo informa. Il CORPO è un limite, il SESSO è un limite, le età della vita sono un limite… Limite non coincide tuttavia necessariamente con la forma negativa di “limitazione”. È invece il punto di partenza concreto dal quale intraprendere un percorso incarnato di esplorazione e di significazione della realtà.

 

II La prospettiva degli studi di genere

All’interno del dibattito femminista (FEMMINISMO) più recente, la riflessione sul limite si è articolata attorno a due posizioni: da un lato quella che vede nella trasformazione dei corpi operata dalle biotecnologie, e in particolare nelle esperienze transessuali, una risignificazione in grado di scardinare definitivamente l’ordine dicotomico della differenza femminile-maschile e del presupposto deterministico natura-cultura; dall’altro quella che denuncia il rischio della ri-produzione di modelli disincarnati analoghi a quelli prodotti dal sistema culturale patriarcale (PATRIARCATO). A quest’ultima posizione si collega la denuncia della volontà di POTERE dell’ingegneria genetica sulla potenza inoggettivabile delle donne di dare la vita e sull’ordine simbolico della rinnovabilità e della gratuità che da questo atto deriva. L’ammissione di una riproducibilità della vita sempre più scissa dai limiti del CORPO e dei suoi desideri, priverebbe le donne della loro specificità e la RELAZIONE tra le donne e gli uomini dei presupposti fondamentali della differenziazione (DIFFERENZA) e della reciprocità.

 

III La violenza maschile contro le donne

Le riflessioni sulla manipolazione tecnoelettronicogenetica come riaffermazione della volontà di potenza (POTERE) patriarcale (PATRIARCATO) sulla creativa, inoggettivabile, rinnovabilità della vita, sono all’origine del dibattito su limite e VIOLENZA.

In particolare, l’ambito ogni giorno più pervasivo della così discussa ingegneria genetica è, secondo la denuncia di alcune femministe (tra le quali, in Italia, Luce Irigaray, Silvia Vegetti Finzi, Elisabetta Donini), un campo facilmente a rischio di forzature e di travisamenti, dagli esiti di inaudita VIOLENZA per le donne e per gli uomini. Da questo supportata, la procreazione artificiale, con l’ammissione di una riproducibilità della vita sempre più scissa dai limiti della corporeità desiderante in grado di sostenerla, va privando le donne, primariamente, di una specificità, di una competenza e di un RUOLO loro propri, e la RELAZIONE tra le donne e gli uomini, conseguentemente, degli elementi fondanti differenziazione (DIFFERENZA) e reciprocità.

A tale riflessione si è aggiunta più recentemente quella sulla regolamentazione del “fine vita”, e in particolare la rivendicazione del diritto a morire dignitosamente, e in alcuni casi di fare ricorso all’eutanasia, che rappresenta, per alcune femministe, un’espressione di contrasto della VIOLENZA del sapere/POTERE medico di derivazione patriarcale.